La frase che ho riportato come titolo è stata realmente pubblicata sul Bristol Mercury and Daily Post, quotidiano di Bristol, il 27 marzo 1895, al termine di una delle prime partite di calcio femminile della storia.
L’origine del calcio femminile è dibattuta.
La prima partita di calcio femminile registrata risale al 7 maggio 1881, quando una presunta squadra femminile “scozzese” giocò contro l'“Inghilterra” a Easter Road, Edimburgo. In realtà, il luogo di nascita e quindi la nazionalità delle giocatrici è stato messo in discussione e si ritiene che almeno alcune di esse provenissero dalla comunità teatrale che “recitava” i ruoli della squadra.
Le due squadre giocarono diverse partite, ma due - a Glasgow e a Manchester - furono abbandonate a causa di invasioni di campo. Nella prima partita - che non fu abbandonata - Lily St Clair segnò il primo gol davanti a una folla di circa 2.000 persone, diventando così la prima donna marcatrice nella storia del gioco.
Ma veniamo alla parte in cui faccio domande esistenziali, la mia preferita.
La prima calciatrice della storia?
Non c'è una singola "prima" calciatrice universalmente riconosciuta, perché il calcio femminile ha avuto una storia molto complessa e non sempre ben documentata. Tuttavia, una figura molto importante e spesso indicata come una delle prime calciatrici è stata Nettie Honeyball.
Nettie Honeyball (il cui vero nome pare che fosse Jessie Allen) fu la fondatrice e capitana del "British Ladies' Football Club", la prima squadra di calcio femminile di cui si abbia notizia, formatasi in Inghilterra nel 1894.
Anche se ci potrebbero essere state donne che hanno giocato a calcio prima di lei in modo informale, Nettie Honeyball è stata una figura chiave nell'organizzazione e nella promozione del calcio femminile agli albori di questo sport.
Quindi, sebbene non possiamo dire con certezza matematica che sia stata la prima in assoluto, Nettie Honeyball è una figura storica fondamentale per tutto il movimento.
Il primato di giocatrice professionista però, secondo alcune fonti, è combattuto con una donna spagnola che arrivò addirittura a travestirsi da uomo per poter giocare a calcio nei primissimi anni del ‘900: Ana Carmona Ruìz.
Per cercare di risolvere questo mistero ho contattato Roberta Cavaglià, giornalista e consulente in comunicazione freelance. Scrive soprattutto di Europa del Sud (politica, società e ambiente), migrazioni e diritti umani per testate italiane e internazionali come, «The Guardian», «Domani», «SKYTG24», «Linkiesta,» «Il Post»,«Rolling Stone» e «Wired». Da marzo 2023 scrive Ibérica, una newsletter settimanale sull’attualità di Spagna e Portogallo. È membro del collettivo Espulse. - La stampa è dei maschi.
Potete leggere Ibèrica da qui 👇
Ana Carmona Ruiz, non è stata la prima giocatrice di calcio della storia, ma di certo è stata la prima calciatrice spagnola.
Nata a Malaga nel 1908, cresce osservando i marinai inglesi giocare a calcio nei momenti di riposo e sognando di poter entrare in campo. “Al tempo era mal visto che un uomo facesse questo sport, figurarsi una donna”, ha spiegato il giornalista Jesús Hurtado, la persona che ha riscattato la storia di Carmona Ruiz dall’oblio.
Determinata a giocare, trova presto un modo per aggirare le regole: si fascia il petto, nasconde i capelli sotto un cappello (all’epoca lo facevano anche altri sportivi, non era una stranezza) e indossa divise larghe per confondersi tra i giocatori.
In questo modo, negli anni Venti, inizia a scendere in campo come centrocampista con il Sporting Club de Málaga, guadagnandosi la stima e l’ammirazione dei compagni.
Successivamente, passa al Vélez Club de Fútbol, dove il suo segreto divenne un patto tra i giocatori. Un patto con il quale si è dovuto scontrare anche Hurtado: “All’inizio pensavo che i suoi ex compagni non mi dicessero nulla perché si trattava di un uomosessuale o un rifugiato di guerra, finché non mi confessarono che avevano fatto un patto. E che Veleta era una donna, ma visto che giocava meglio di loro, avevano deciso di proteggerla”.
“Veleta” (banderuola, in spagnolo) è infatti il soprannome che le avevano dato i compagni: Carmona Ruiz infatti entrava allo stadio come donna (spesso facendo finta di essere un’addetta alle pulizie), giocava in campo come un uomo e tornava a casa di nuovo come una semplice passante.
Nonostante il sostegno dei compagni, Veleta subisce la repressione delle autorità e della società: viene arrestata, umiliata pubblicamente e persino rasata a zero per il solo fatto di voler giocare.
Alla fine, la pressione diventa insostenibile: la sua famiglia la manda via dalla città per allontanarla dal calcio. Muore giovanissima, a soli 32 anni, dopo aver preso il tifo.
Ma prima di andarsene, esprime un ultimo desiderio: essere sepolta con la maglia dello Sporting Málaga. E così è stato.
Per celebrare il suo ruolo da pioniera nel calcio femminile, l’anno scorso le Poste spagnole hanno emesso un francobollo personalizzato in suo onore.
Una curiosità finale: oggi in campo scende un’altra Carmona, che di nome fa Olga. Gioca nella difesa del Real Madrid ed è la calciatrice che ha regalato alla Spagna la vittoria nel Mondiale femminile del 2023.
Il calcio femminile oggi non è più un tabù
Nel 1970, nella città italiana di Torino, fu creata la Federazione internazionale di calcio femminile. Purtroppo non fu riconosciuta dalla FIFA. Tuttavia, la sua nascita fu fondamentale per dare impulso a tutto il movimento. Nello stesso anno si celebrò la prima Coppa del Mondo femminile non ufficiale, vinta dalla Danimarca.
La FIFA decise di riconoscere il calcio femminile solo nel 1983. Una delle conseguenze più importanti fu la celebrazione della prima Coppa del Mondo ufficiale, che si svolse in Cina nel 1991. Vi parteciparono dodici squadre e la squadra statunitense si laureò campione.
Oggi il calcio femminile è una realtà ormai consolidata, con le principali leghe europee che hanno anche i rispettivi tornei nazionali femminili. In Inghilterra ovviamente, ma anche in Spagna, Francia, Portogallo, Germania e Italia.
C’è anche la Champions League femminile e tutti i premi individuali una volta riservati solo agli uomini, anche per le calciatrici, come il Pallone d’Oro.
Come siamo messi in Italia?
A questo punto la domanda sorge spontanea.
Per fare il punto sulla situazione del calcio femminile italiano, ho potuto fare una chiacchierata con Marialaura Scatena, che preferisce essere chiamata Lalla, una giornalista freelance, che si occupa di sport femminile, maggiormente calcio, questioni di genere, violenza e discriminazione nel mondo sportivo.
Collabora in maniera continuativa con Prismag per cui scrive articoli, cura e co-conduce ''Lo stesso calcio'', un podcast settimanale sulla Serie A femminile, e realizza ''ThisParità'', un podcast sulla parità di genere nello sport.
Oggi il calcio femminile in Italia sta avendo sempre più rilevanza, le calciatrici sono considerate professioniste a tutti gli effetti, ma com’è la situazione per quanto riguarda i salari? Le cose sono un po’ migliorate per tutto il movimento?
Le calciatrici di Serie A sono ufficialmente professioniste dal primo Luglio del 2022. Seppur in ritardo rispetto ad altre realtà in Europa e nel mondo, la pratica sportiva ora è un lavoro vero, cosa normale per i calciatori, ma non per le calciatrici. L’introduzione di un contratto professionistico garantisce alle atlete una serie di tutele: assistenza medica, in particolare anche legata alla maternità, contributi previdenziali, fondo pensionistico. Per decenni nel calcio femminile è mancato tutto ciò. Le giocatrici sono state costrette a vivere una vita di studio e lavoro parallela all’attività sportiva, in molte hanno spesso dovuto addirittura abbandonare il campo per cause di forza maggiore.
I rapporti economici società-tesserate attualmente sono disciplinati da un documento federale che fissa lo stipendio minimo in base dell’età. Da quella comune base di partenza, fino a circa 20.500 euro lordi all’anno, si raggiungono altre cifre in base a decisioni dei club e accordi vari di sponsorizzazione. Se le cose sono un po’ migliorate? Certo, ma possono ancora migliorare. Non abbiamo tagliato nessun traguardo, stiamo ancora camminando.
All’estero sono già più avanti sulla strada, ma anche loro sono in cammino con il gender pay gap dentro lo zaino. Proprio di questo si parlerà nella seconda puntata di THISparità, in uscita il 12 aprile, il podcast sulla parità di genere nello sport che realizzo per Prismag.
Anche mediaticamente abbiamo visto che le cose lentamente stanno cambiando, con alcune partite della Serie A trasmesse in diretta. Che cosa manca perché ci sia una copertura totale anche per questa competizione? È un discorso di mancanza di fondi o di interesse da parte del pubblico?
Oggi è possibile seguire la Serie A femminile su DAZN insieme anche gli altri maggiori campionati femminili e alla Women’s Champions League. Alcuni anni fa ci si affidava alle dirette sui social o sui canali delle singole squadre. Come ho già detto, qualcosa è già migliorato, ma siamo in cammino non certo al traguardo. Per ogni giornata c’è poi una partita, generalmente quella di cartello, che viene trasmessa in chiaro sulle reti Rai. Cosa che succede abitualmente per la nazionale, anche se non è sempre stato così. Discorso diverso per la Coppa Italia. Avete presente tutto quello che sembra scontato per il calcio maschile? Per il calcio femminile non lo è. Mancanza di fondi?
Dipende da chi possiede il denaro, è più un fatto di volontà di investire in certi casi. In Italia non sembra esserci nessuno intenzionato a sfruttare seriamente il potenziale dello sport femminile, non solo del calcio, all’estero lo hanno già fatto e i risultati iniziano a vedersi. L’interesse del pubblico esiste. Proprio in questi giorni la Divisione Serie B femminile ha presentato uno studio in cui emerge che il numero di spettatori della serie cadetta dalla stagione 2021-2022 a quella 2023-2024 è aumentato del 45%; e guardare la Serie B è più complicato per via di dirette, impianti da raggiungere, notizie. In Serie A, negli stadi, siamo lontani dai record che continuano a essere sempre più frequenti in Inghilterra o Germania o Francia, e su questo pesa molto l’aspetto culturale. In un paese calciocentrico come l’Italia, è ancora troppo diffusa l’idea che il calcio sia una roccaforte del maschile. Mi ripeto: la situazione è migliore di prima, ma ancora migliorabile, molto.
Come sta andando il campionato femminile quest’anno? C’è una squadra che tifi o per cui simpatizzi?
Questo forse è il campionato meno scontato degli ultimi anni, almeno per quanto riguarda l’assegnazione del titolo. Nelle ultime stagioni, la Juventus prima e la Roma poi, avevano dominato e indirizzato la competizione già dalle prime battute, duellando spesso e volentieri. Anche questa edizione era stata presentata così, come una sfida Roma-Juve rinnovata, ma le attrici sono di più. La matematica non ha ancora dato verdetti, la Juve sta rischiando di dilapidare il suo vantaggio per lo scudetto, la Roma insegue fianco a fianco all’Inter che spera in una storica qualificazione in Women’s Champions League. Per la salvezza è una sfida colpo su colpo tra Sampdoria e Napoli, perché quest’anno ci sarà una sola retrocessione per poter ricominciare la nuova stagione con 12 squadre e un nuovo vecchio format. Verrà infatti abbandonato l’attuale regular season + poule scudetto e retrocessione, per tornare al girone unico, cosa che personalmente preferisco. Io ho sempre fatto il tifo per la Juventus da che ho memoria. Non l’ho mai nascosto e penso sia sbagliato, oltre che molto italiano, doverlo nascondere se si lavora nel giornalismo sportivo; anzi, a dirla tutta, lo trovo un insulto all'onestà intellettuale e alla professionalità di una persona. Tra l’altro credo che chiunque ami il calcio sia arrivato a farlo per una squadra, la propria passione aiuta a comprendere quella degli altri, sono uguali, cambia solo l’oggetto del desiderio. In questa stagione ho apprezzato molto due squadre che sono finite nella poule retrocessione: il Como e la Lazio. Avrebbero potuto ottenere più di quanto hanno ottenuto, ma il loro percorso è assolutamente positivo. Oltre al campo, il Como ha fatto un ottimo lavoro anche fuori, non è un caso che vi lavorino menti provenienti da altre realtà, a proposito di quel discorso di cultura a cui accennavo prima.
Infine, ti chiedo in generale anche uscendo dai confini nazionali, qual è secondo te la calciatrice più forte della storia del calcio femminile?
Non ho una risposta. Io credo non esista la giocatrice più forte della storia perché la storia è lunga e le cose cambiano. Come facciamo a confrontare una Mia Hamm con una Aitana Bonmati? Il gioco è cambiato. In questo caso è come nel maschile: non c’è un criterio, magari si può prendere per buona la preferenza personale.
In virtù di questo molte persone, calciatrici comprese, citerebbero Marta Vieira da Silva, brasiliana, 39 anni, ancora in attività. Però due cose te le posso dire: molto spesso, anche cercando su Internet, si parla per sentito dire e vengono nominate le calciatrici più famose qualsiasi sia la richiesta ‘‘più forte, più vincente, più longeva’’. La seconda cosa è che in Italia abbiamo avuto calciatrici fortissime di cui si è parlato poco: oltre alle più note Carolina Morace e Patrizia Panico, mi vengono in mente Elisabetta Vignotto o Melania Gabbiadini. La storia del calcio femminile italiano esiste, dovremmo esserne più consapevoli.
Voglio concludere la newsletter con una citazione di Helen Graham Matthews, portiere della British Ladies Team, pronunciata 130 anni fa, ma terribilmente attuale:
“Ci opponiamo a essere considerate alla stregua di una barzelletta. Ci vorrà molto tempo prima che il pregiudizio contro le calciatrici si estingua, ma vogliamo che il pubblico osservi la nostra padronanza del gioco, non che venga a vederci per la novità... La mia ferma opinione è che le donne possono, se sono abbastanza robuste e forti fisicamente, acquisire una discreta abilità nell'associazione”.
Come fanno quelli bravissimi, con oggi inauguro una mini rubrica in cui vi do dei consigli assolutamente non richiesti su contenuti per approfondire il tema di cui avete letto o che in generale penso possano essere utili.
📖 SheKicks, la rivista bimensile inglese sul calcio femminile.
🔗 Equalizer Soccer, il sito di riferimento per tutto quello che riguarda il calcio femminile a stelle e strisce 🇺🇸
🎶 La playlist ufficiale della Women Champions League, curata direttamente dalla UEFA.
Si ascolta su Spotify, ma hey UEFA, se mi leggi, è il caso di aggiornarla un po’.
È davvero tutto. Alla prossima!
Mi è venuta voglia di giocare a calcio ancora più di prima. Quasi quasi faccio una decina di telefonate… ⚽️